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della sentenza, imperocchè ad ogni verso qualche alterazione si trova nei testi veneziani, o vogliasi di coniugazioni, o di articoli o di voci. Guarda minutamente a questa nuova impressione, e alle precedenti, e ti stupirai dell’ardimento di chi pretese riformare al suono delle sue mal accordate orecchie il buon concerto dello stile di santa Caterina, che così toscanamente scrisse, quanto tutti gli altri di quel suo secolo, chiamato oggidì il buon secolo della lingua; onde alcuna delle sue lettere, come nel prologo al primo tomo avvertimmo,) fu dal Massonio posti a paragone con quelle del Petrarca: e tutte le toscane accademie, dopo quella de’ signori della Crusca, presero a venerare i suoi scritti più sinceri fra i più autorevoli testi del buon parlare. Rammentati di quanto sopra ciò dicemmo nell’accennato Proemio, che qui non abbisogna farne più replica.

E non solamente patirono tanta mutazione queste nostre epistole nell’impressioni riferite di Venezia. Ancora chi le tradusse nella lingua francese1 diede talora ai sentimenti toscani tal cattivo lume, che molte cose fece restare allo scuro, ed altre, sì contraffatte lasciolle, che più tosto a risa ne muove. Di questa maniera sarebbe l’intender che fece quel buon francese Cecca per Cieca, Casole terra del Sanese, per Casale città del Monferrato, lascaro, che toscanamente vuol intendersi dolor tenero, per cognome della famiglia de Lascari, e simiglianti abbagli che l’autore delle note fa avvertire dietro alla lettera 187 e ad altre.

Prima de’ Francesi ne trasportarono gli Spagnuoli un edizione nell’idioma loro nel 1512 in Alcalà. ed un’altra ultimamente in Barcellona nel 1662, e questa e quella, siccome tratte dagli accennati scorretti originali italiani, saranno passate in quella lingua, almeno almeno coi medesimi errori di sentenza, che nei testi d’Italia si leggevano. A noi non pervenne alle

  1. Edizione in Parigi nel 1643.