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alcun tempo in Siena nello stesso convento di Campareggi, di cui era figliuolo. E questi così pregevoli monumenti sono avvalorati dal testimonio, che ne fa il beato Tomaso Caffarini presso gli Atti di Venezia sopraccitati, affermando aver egli vedute le dette raccolte dal Capuano, donate ai frati di Siena, e riportando il numero delle lettere, cioè, che in un volume erano 155, e queste erano le scritte ai papi, cardinali, ed altri ecclesiastici, e che nell’altro volume, erano 139, e quelle erano a’ principi e ad altre persone secolari.

Nelle memorie del medesimo convento trovasi, che i sopraddetti due volumi per esser troppo grandi furono partiti in tre, e che uno di essi fu da’ frati mandato a Roma ad istanza d’Alessandro VII, del quale per tutte le diligenze praticate, veruna contezza non potemmo avere; sicchè de’ due che restarono, ci servimmo: e questi sono que medesmi che fra gli altri dodici manoscritti, o alla santa appartenenti, o alle memorie di quel venerabile convento, uno de’ primi santuarj della sua religione e della sua città, ancora oggi si veggono nella sagrestia della chiesa riccamente legati per alcune pie gentildonne sanesi, le quali per opera nostra vollero in quella forma esporli alla pubblica erudizione, e salvargli dall’incuria dell’altrui dimenticanza, o dalle rapine dell’altrui devozione indiscreta.

Fino all’anno 1500, cioè 120 anni dopo la morte di s. Caterina, fu desiderata la pubblicazione di dette sue lettere, ed allora fu, che Aldo Manuzio le pose alla luce in Venezia, a conforto e direzione di Fra Bartolomeo da Bergamo domenicano, e dopo lui il Farri in Venezia pure nell’anno 1579 ed altri dapoi.

Ma per quanta accettazione abbiano sempre trovata l’uno e gli altri testi, tanto presso gli scrittori che presso i divoti, ed i professori in fine della più polita toscana favella, non si può negare, che Aldo Manuzio, il Farri e tutti gli altri, che ai loro esemplari