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vanna Pazzi ne scrisse pur essa, come si ha dalla lettera 287, e di lei favellasi alla lettera 342, siccome dell’altre due compagne nelle note a più lettere, che qui loro si trovano indirizzate.
Nè lontano è dal credersi, che s’intromettessero a otta, a otta in quest’affare gli altri suoi discepoli e compagni nelle sue spedizioni, fra i quali il beato Giovanni Tantucci frate Leccetano, che andò seco a Vignone, e che ascoltava le confessioni de’ popoli nella missioni della santa, l’abate di sant’Antimo, monsignor Tomaso Petra, frate Tomaso della Fonte suo primo confessore, frate Bartolomeo di Domenico che fu poi vescovo di Corone, e di rado si distaccò dal suo lato, Pietro Ventura, uomo nobile da Siena, il quale per intercessione di la racquistò il lume d’un occhio perduto, Anastagio da Montalcino amico ancor esso delle Muse, come si vede nella sua canzone, che per la santa compose, posta dal Farri al lato a quella del Pagliaresi; ed infine (per lasciarne moltissimi più, che nel ruolo del suo insigne discepolato, altrove riferiremo) leggiamo senz’altro, che Tomaso, Gherardo e Francesco Buonconti, fratelli nobili pisani suoi discepoli, e molte volte compagni ne’ suoi viaggi, alcune lettere scrissero: cioè Gherardo la 33, e la 59, Tomaso la 49, Francesco la 278.
Ma quello che serve a confondere ogni umano intendimento, si è ciò che riferisce il mentovato frate Bartolomeo di Domenico, che potrai leggere nell’annotazioni alla lettera 187. Afferma questo religioso nella giurata testimonianza, che rendette avanti al vescovo di Castello in Venezia, esser più volte stato presente quando la santa vergine dettava in un tempo stesso a tre scrittori diverse lettere, senza punto intrigarsi o frammettere di tempo; che è quello, che nella persona di s. Girolamo ci sembrò quasi difficile a credere: onde chiaro si conosce, che quel medesimo spirito di Dio, che ammaestrolla a trattar la penna, le assisteva del continuo, quando ancora ella si serviva