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centi non mediocre poeta intorno al 1300, fu suo avo materno, a detta del P. Ugurgeri1: e non era fuor di costume de religiosi il tenere divotamente allegro il popolo in cantar simili laude nel modo che dicesi aver praticato il beato Ambrogio da Siena2, pure domenicano, nel secolo precedente ed il beato Giovanni Colombino, con Paolino suo compagno ingesuato, che scrissero alcun anno avanti alla Santa3.

Che, rispetto alla misura del verso, ce la ritroverai più giusta, se ti ricorderai che di quel tempo scrivevano i rimatori intiere le parole, eziandio che le pronunziassero accorciate di qualche lettera, e così nel primo verso di questa sacra canzone dicendo spirto in vece che spirito, lo ridurrai al suo vero numero. Di questa maniera vedesi scritto nella Vaticana un originale di mano del Petrarca: e peggio di questo alcuni sonetti, di Pietro delle Vigne4, bisavo del beato Raimondo confessore della Santa, che per quante lettere vi si tolgano nel fine e nel mezzo delle voci, la misura noti torna giammai al suo segno, onde non sono che una continuata prosa sparsa di rime irregolari.

Avvertendo dunque le predette cose non si appose il Sangiur5 nell’asserire che la Santa non si servisse giammai dell’uso di scrivere, se non se nella predetta orazione: poichè, secondo afferma il B. Caffarini6 nel sopra detto luogo, ella stese molte lettere di suo pugno (oltre a que’ foglietti del Dialogo) al B. Stefano, al B. Raimondo, ed altri: e nel supplimento che lo stesso Caffarini fece alla Leggenda di Raimondo,

  1. Pompe senesi, parte I, tit. 18, num. 55.
  2. Pietramala, Vita del Beato
  3. Vedi manoscritto della Vaticana, ed altro nella libreria del Collegio Romano.
  4. Libreria Chigi, num. 2298 fra i manoscritti.
  5. Giovanni Battista Sangiur, parte l’dell’Erario della Vita cristiana, cap. 14.
  6. Thom. Coffarin. Supplem. ad legendam Raymundi, par. 3, art 4.