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l’amore morto della propria sensualitá. E però la volontá ancora è morta alla volontá mia, perché non ama altro che cose morte. Essendo morte queste tre potenzie, tutte l’operazioni sue e attuali e mentali sonno morte quanto che a grazia, e giá non si può difendere da’nemici suoi, né aitarci per se medesimo se non quanto è aitato da me.

Bene è vero che ogni volta che questo morto, nel quale è rimaso solo el libero arbitrio, mentre che egli è nel corpo mortale, dimanda l’aiutorio mio, el può avere; ma per sé non potrá mai. Egli è fatto incomportabile a se medesimo e, volendo signoreggiare il mondo, egli è signoreggiato da quella cosa che non è, cioè dal peccato. El peccato è non cavelle, ed essi sonno fatti servi e schiavi del peccato.

Io gli feci arbori d’amore con vita di grazia, la quale ebbero nel santo battesimo; ed essi somio fatti arbori di morte, perché sonno morti, come detto t’ho. Sai dove egli tiene la radice questo arbore? nell’altezza della superbia, la quale l’amore sensitivo propri odi loro medesimi notrica; el suo merollo è la impazienzia, el suo figliuolo è la indiscrezione. Questi sonno quattro principali vizi, che uccidono l’anima di colui el quale ti dissi che era arbore di morte, perché non hanno tratta la vita della grazia. Dentro dall’arbore si notrica uno vermine di coscienzia; el quale, mentre che l’uomo vive in peccato mortale, è acciecato dal proprio amore, e però poco el sente.

E’ frutti di questo arbore sonno mortali, perché hanno tratto l’umore dalla radice della superbia; la tapinella anima è piena d’ingratitudine, unde le procede ogni male. E se ella fu,sse grata de’benefizi ricevuti, cognoscerebbe me; e cognoscendo me, cognoscerebbe sé; e cosi starebbe nella mia dilezione. Ma ella, come cieca, si va attaccando pur per lo fiume, e non vede che l’acqua non l’aspetta.