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E che dicerò? Farò come Troglio che dicerò: — A, a, — perché non so che mi dire altro, però che la lingua finita non può esprimere l’affetto dell’anima che infinitamente desidera te. Parmi ch’io possa dire la parola di Pavolo, quando disse: «Né lingua può parlare, né orecchia udire, né occhio vedere, né cuore pensare quello che io viddi». Che vedesti ? Vide «arcana Dei». E io che dico? Non ci aggiongo con questi sentimenti grossi ; ma tanto ti dico che hai gustato e veduto, anima mia, l’abisso della .somma, eterna providenzia. Ora rendo grazie a te, sommo eterno Padre, della smisurata tua bontá mostrata a me, miserabile, indegna d’ogni grazia. Ma perch’ io veggo che tu se’ adempitore de’santi desidèri, e la tua Veritá non può mentire, e perché io desidero che ora un poco tu mi parlassi della virtú dell’obbedienzia e della eccellenzia sua, si come tu, Padre eterno, mi promettesti che mi narraresti, acciò che io d’essa virtú m’inamori, e mai non mi parta dall’obbedienzia tua; piacciati, per la tua infinita bontá, di dirmi della sua perfezione, e dove io la posso trovare, e quale è la cagione che me la tolle, e chi me la dá, e il segno che io l’abbi o non l’abbi. —