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CAPITOLO CXLI

Conte Dio provede verso di noi, che noi siamo tribolati per la nostra salute. E della miseria di quelli che s’i confidano in sé e non ne la providenzia sua. E della eccellenzia di quelli che si confidano in essa providenzia.

— Vedi dunque che con la mia providenzia Io raconciai el secondo mondo dell’uomo. Al primo non fu tolto, che non germinasse spine di molte tribolazioni e che in ogni cosa l’uomo non trovasse ribellione. Questo non è fatto .senza providenzia né senza vostro bene, ma con molta providenzia e vostra utilitá, per tòllere la speranza del mondo all’uomo e farlo córrire e dirizzare a me che so’ suo fine, si che almeno, per importunitá di molestie, egli ne levi el cuore e l’affetto suo. E tanto ignorante è l’uomo a non cognoscere la veritá, ed è tanto fragile a dilatarsi nel mondo, che, con tutte queste fadighe e spine che egli ci truova, non pare che egli se ne voglia levare, né curi di tornare alla patria sua. Or sappi dunque, figliuola, quel che farebbe ,se nel mondo trovasse perfetto diletto e riposo senza veruna pena.

E però con providenzia lo’permetto e do che’l mondo lo’ germini le molte tabulazioni : e per provare in loro la virtú, e della pena, forza e violenzia che fanno a loro medesimi abbi di che remunerarli. Si che in ogni cosa ha ordinato e proveduto con grande sapienzia la providenzia mia. Ho lo’dato, si come detto è, perché Io so’ricco e potevolo e posso dare, e la ricchezza mia è infinita; anco ogni cosa è fatta da me, e senza me veruna cosa può essere. Unde, se esso vuole bellezza, Io so’bellezza; se vuole bontá, Io so’bontá, perché so’sommamente buono; Io so’.sapienzia; Io benigno, Io giusto e misericordioso Dio ; Io largo e none avaro ; Io so’ Colui che do a chi m’adimanda, apro a chi bussa in veritá e rispondo a chi mi chiama. Non so’ ingrato, ma grato e conoscente a remunerare chi per me s’afadigará, cioè per gloria e loda del nome