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gaudio e compassione: gaudio in sé per l’affetto dell’amore, e compassione al prossimo, si come nel terzo stato Io ti narrai. Subbito l’occhio, che vuole satisfare al cuore, geme nella caritá mia e del prossimo suo con cordiale amore, dolendosi solo dell’offesa mia e del danno del prossimo e non di pena né danno proprio di sé, perché non pensa di sé, ma solo pensa di potere rendere gloria e loda al nome mio; e con espasimato desiderio si diletta di. prendere il cibo in su la mensa della santissima croce, cioè conformandosi con l’umile, paziente e inmaculato Agnello, unigenito mio Figliuolo, del quale feci ponte, come detto è.

Poi che cosi dolcemente è ita per lo ponte, seguitando la dottrina della dolce mia Veritá, e passata per questo Verbo, sostenendo con vera e dolce pazienzia ogni pena e molestia, .secondo che Io ho permesso per la salute sua, ella virilmente l’ha ricevute, none eleggendole a suo modo ma a mio; e non tanto che porti con pazienzia, come Io ti dissi, ma con allegrezza sostiene. E recasi in una gloria d’essere perseguitata per lo nome mio, pure che abbia di che patire. Alora viene l’anima a tanto diletto e tranquillitá di mente, che non è lingua sufficiente a poterlo narrare.

Passata col mezzo di questo Verbo (cioè per la dottrina dell’unigenito mio Figliuolo), fermato l’occhio dell’intelletto in me, dolce prima Veritá, veduta la cognosce, e cognoscendo l’ama. Tratto l’affetto dietro all’intelletto, gusta la Deitá mia eterna, la quale cognosce, e vede essa natura divina unita con la vostra umanitá. Riposasi alora in me, mare pacifico. E1 cuore è unito per affetto d’amore in me, si come nel quarto unitivo stato ti dissi. Nel sentimento di me, Deitá eterna, l’occhio comincia a versare lagrime di dolcezza, che drittamente sonno uno latte che nutrica l’anima in vera pazienzia. Queste lagrime sonno uno unguento odorifero che gitta odore di grande soavitá.

O dilettissima figliuola mia, quanto è gloriosa quella anima che cosi realmente ha saputo trapassare dal mare tempestoso a me, mare pacifico, e impito el vaso del cuore suo nel mare di me, somma ed eterna Deitá ! E però l’occhio, ch’è uno