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attualmente, sostenendo pene ne’ corpi loro, secondo che Io permetto, e la croce del desiderio del crociato dolore dell’offesa mia e danno del prossimo. Dico che sonno beati, però che’l diletto della caritá, la quale gli fa beati, non lo’ può essere tolto, linde eglino ricevono allegrezza e beatitudine. Unde si chiama questo dolore, non «dolore affliggitivo» che disecca l’anima, ma «ingrassativo», che ingrassa l’anima nell’affetto della caritá, perché le pene aumentano la virtú e fortificano e crescono e pruovano la virtú.

Si che è pena ingrassativa e non affliggitiva, perché veruno dolore né pena la può trare del fuoco, se non come il tizzone, che è tutto consumato nella fornace, che veruno è che ’l possa pigliare per spegnere, perché gli è fatto fuoco. Cosi queste anime, gittate nella fornace della mia caritá, non rimanendo veruna cosa fuore di me, cioè veruna loro volontá, ma tutti affocati in me, veruno è che le possa pigliare né trarle fuore di me per grazia, perché sonno fatte una cosa con meco ed Io con loro. E mai da loro non mi sottrago per sentimento che la mente loro non mi senta in sé, si come degli altri ti dissi che Io andavo e tornavo, partendomi per sentimento e non per grazia; e questo facevo per farli venire alla perfezione. Gionti alla perfezione, lo’tolgo el giuoco dell’amore d’andare e di tornare, el quale si chiama «giuoco d’amore», ché per amore mi parto e per amore torno: non propriamente Io (ché Io so’ lo Idio vostro immobile che non mi muovo), ma el sentimento che dá la mia caritá nell’anima è quello che va e torna.

CAPITOLO LXXIX

Come Dio da’ predetti perfettissimi non si sottrae per sentimento né per grazia, ma si per unione.

. — Dicevo che a costoro 1’ è tolto che ’l sentimento non pèrdono mai. Ma in un altro modo mi parto: perché l’anima che è legata nel corpo non è sufficiente a ricevere continuamente