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questo, che col desiderio dell’anima si satisfa, cioè con la vera contrizione e dispiacimento del peccato. La vera contrizione satisfa alla colpa ed alla pena, non per pena finita che sostenga, ma per desiderio infinito. Perché Dio, che è infinito, infinito amore e infinito dolore vuole. Infinito dolore vuole in due modi : l’uno è della propria offesa la quale ha commessa contra’l suo creatore; l’altro è dell’offesa che vede fare al prossimo suo. Di questi cotali, perché hanno desiderio infinito (cioè che sonno uniti per affetto d’amore in me, e però si dogliono quando offendono o veggono offendere), ogni loro pena che sostengono, spirituale o corporale, da qualunque lato ella viene, riceve infinito merito e .satisfa alla colpa che meritava infinita pena: poniamo che sieno state operazioni finite, fatte in tempo finito; ma perché fu adoperata la virtú e sostenuta la pena con desiderio e contrizione e dispiacimento della colpa infinito, però valse.

Questo dimostrò Paolo quando disse : «Se io avesse lingua angelica, sapesse le cose future, desse il mio a’ poveri, e dessi el corpo mio ad ardere, e non avesse caritá, nulla mi varrebbe». Mostra il glorioso apostolo che l’operazioni finite non sonno sufficienti né a punire né a remunerare senza il condimento dell’affetto della caritá.

CAPITOLO IV

Come el desiderio e la contrizione del cuore satisfa alla colpa e alla pena in sé in altrui, e come tale volta satisfa alla colpa e none alla pena.

— Hotti mostrato, carissima figliuola, come la colpa non si punisce in questo tempo finito per veruna pena che si sostenga, puramente pur pena. E dico che si punisce con la pena che si sostiene col desiderio, amore e contrizione del cuore: non per virtú della pena, ma per la virtú del desiderio dell’anima. Si come il desiderio e ogni virtú vale ed ha in sé vita per Cristo crocifisso unigenito mio figliuolo in quanto 1’ anima ha tratto l’amore da lui e con virtú séguita le vestigie sue.