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CAPITOLO XXXII

Come e’ fructi di questo arbore tanto sono diversi quanto sono diversi e’ peccati. E prima del peccato de la carnalitade.

— Tanto sonno diversi e* fructi di questo arbore che danno morte, quanto sonno diversi e’ peccati. Alcuni ne vedi che sonno cibo da bestie, e questi sonno quegli che immondamente vivono, facendo del corpo e della mente loro come il porco che s’involle nel loto: cosi s’involtano nel loto della carnalitá. O anima bructa, dove hai lassata la tua dignitá? Tu eri facta sorella degli angeli, ora se’ facta animale bruto, in tanta miseria che non tanto che sieno sostenuti da me, che so’ somma puritá, ma le dimonia, di cui essi sonno facti amici e servi, non possono vedere commectere tanta immondizia.

Veruno peccato è che tanto sia abominevole e tanto tolga el lume de l’intellecto, quanto questo. Questo cognobbero e’ filosofi, non per lume di grazia, perché non l’avevano; ma la natura lo’ porgeva quello lume: cioè che questo peccato obfuscava lo ’ntellecto; e però si conservavano nella continenzia per meglio studiare. E anco le ricchezze le gictavano da loro, acciò che ’l pensiere delle ricchezze non l’occupasse il cuore. Non fa cosi lo ignorante falso cristiano, el quale ha perduta la grazia per la colpa sua.

CAPITOLO XXXIII

Come el fructo d’alcuni altri è l’avarizia. E de’ mali che procedono da essa.

— Alcuni altri el fructo loro è di terra. Questi sonno e’ cupidi avari, e’ quali fanno come la talpa che sempre si notrica della terra infino a la morte; e gionti a la morte non hanno rimedio. Costoro con l’avarizia loro spregiano la mia larghezza, vendendo el tempo al proximo loro. Questi sonno gli usurai che diventano