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che è posta sopra l’essere ricognosca da me, che so’ sua vita. Come ella cognosce questa vita e providenzie mie in queste bactaglie? Ricevendo la grande liberazione, ché non la lasso permanere continuamente in questo tempo; ma vanno e vengono, secondo ch’io veggo che le bisognino. Talora gli parrá essere ne lo ’nferno, che, senza veruno suo exercizio che allora faccia, ne sará privata e gustará vita etterna. L’anima rimane serena: ciò che vede le pare che gridi Dio, tucta infiammata d’amoroso fuoco per la considerazione che fa allora l’anima nella mia providenzia, perché si vede essere uscita di si grande pelago non con suo exercizio, ché il lume venne inproviso, non exercitandosi, ma solo per la mia inextimabile caritá, che volsi provedere alla sua necessitá nel tempo del bisogno, che quasi non poteva piú.

Perché ne l’exercizio, quando s’exercitava a l’orazione e a l’altre cose che bisognano, non le risposi col lume, tollendole la tenebre? Perché, essendo ancora inperfecta, non reputasse in suo exercizio quello che non era suo. Si che vedi che lo inperfecto nelle bactaglie, exercitandosi, viene a perfeczione, perché in esse bactaglie pruova la divina mia providenzia, unde egli s’è levato da l’amore inperfecto.

Anco uso uno sancto inganno, solo per levarli dalla inperfeczione: ch’io lo’farò concipere amore ad alcuna creatura spiritualmente e in particulare, oltre a l’amore generale. Unde con questo mezzo s’exercita alla virtú, leva la sua inperfeczione, fallo spo’gliare il cuore d’ogni altra creatura che egli amasse sensualmente, di padre, madre, suoro, frategli: ne trae ogni propria passione, e amali per me, Dio. E, con questo amore ordinato del mezzo ch’io gli ho posto, caccia il disordinato, col quale in prima amava le creature. Adunque vedi che tolle questa inperfeczione. Ma actende che un’altra cosa fa questo amore di questo mezzo: che egli fa provare se perfectamente egli ama me e il mezzo che Io gli ho dato, o no. E però gli li diei Io, perché egli el provasse, acciò che avesse materia di cognoscerlo; ché, non cognoscendolo, né a se medesimo dispiacerebbe, né piacerebbe quello che avesse in sé che fusse mio. Per questo