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non raguardando la misera anima, che aperse la porta, che per

10 disordenato prendere de’ cibi viene a riscaldamento la fragile carne sua, con disordenato desiderio di corrómpare se medesimo. Le mani, in tòllere le cose del proximo suo, e con laidi e miserabili toccamenti, le quali sonno facte per servire il proximo quando il vede nella infermitá, so venendo con la elemosina nella necessitá sua. E’ piei, gli sono dati perché servino e portino il corpo in luogo sancto e utile a sé e al proximo suo per gloria e loda del nome mio; ed egli spende e porta el corpo in luoghi vitoperosi in molti e diversi modi, novellando e spiacevoleggiando, corrompendo con le loro miserie l’altre creature in molti modi, secondo che piace alla disordenata volontá.

Tucto questo t’ho decto, carissima figliuola, per darti materia di pianto di vedere gionta a tanta miseria la nobile cittá de l’anima, e perché tu vegga quanto male esce della principale porta della volontá. Alla quale Io non do licenzia che i nimici de l’anima entrino, come decto è; ma, come Io ti dicevo, do bene licenzia ne l’altre che i nimici le percuotano. Unde lo ’ntellecto sostengo che sia percosso da una tenebre di mente; e la memoria pare molte volte che sia privata del ricordamento di me. E alcuna volta tucti gli altri sentimenti del corpo parrá che siano in diverse bactaglie. Nel guardare le cose sancte e toccandole e udendole e odorandole e andandovi, ogni cosa parrá che gli dia mutazione, disonestá e corrompimento. Ma tucto questo non è a morte, però che Io non voglio la morte sua (guarda che egli non fusse si stolto che egli aprisse la porta della volontá): Io permecto che eglino stiano di fuore, ma non che entrino dentro. Dentro non possono intrare se non quando la propria volontá vuole.

E perché tengo Io in tanta pena e affliczione questa anima atorniata da tanti nemici? Non perché ella sia presa e perda la ricchezza della grazia; ma follo per mostrarle la mia providenzia, acciò che ella si fidi di me e non in sé, levisi dalla negligenzia e con sollicitudine rifugga a me, che so’ suo difenditore, so’ Padre benigno, che procuro la salute sua; acciò che ella stia umile e vegga sé non essere, ma l’essere e ogni grazia