Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/330

altri nemici che seguitano doppo lui. Subbito lo ’ntellecto riceve la tenebre, che è nemica della luce; e la memoria riceve el odio per ricordamento della ingiuria (el quale odio è nemico della dileczione della caritá del proximo suo); ritiene e’ dilecti e piaceri del mondo in diversi modi, come sonno diversi e’ peccati e’ quali sonno contrari alle virtú.

Subito che sonno aperte le porte, s’aprono li sportegli de’ sentimenti del corpo, e’ quali sonno tucti strumenti che rispondono a l’anima. Unde tu vedi che l’affecto disordenato de l’uomo, che ha uperte le porte sue, risponde con questi organi; unde tucti e’ suoni sonno guasti e contaminati, cioè le sue operazioni. L’occhio non porge altro che morte, perché è posto a vedere cosa morta con disordenato guardare colá dove non debba; con vanitá di cuore, con leggerezza, con modi e guardature disoneste è cagione di dare morte a sé e ad altrui. Oh misero te! quel eh’ Io t’ho dato perché tu raguardi el cielo e tucte l’altre cose e la bellezza della creatura per me e perché tu raguardi e’ misteri miei; e tu raguardi in loto e in miseria, e cosi n’acquisti la morte.

Cosi l’orecchia si dilecta in cose disoneste, o in udire e’ facti del proximo suo per giudicio; dove Io gli li diei perché udisse la parola mia e la necessitá del proximo suo. La lingua ho data perché annunzi la parola mia e confessi e’ difecti suoi, e perché l’aduopari in salute de l’anime; ed egli l’aduopera in bastemmiare me, che so’ suo Creatore, e in ruina del proximo, nutricandosi delle carni sue, mormorando e giudicando l’operazioni buone in male e le gattive in bene; bastemiando, dando falsa testimonanza; con parole lascive pericola sé e altrui; gitta parole d’ingiuria, che trapassano ne’cuori de’proximi come coltella, le quali parole li provocano ad ira. Oh, quanti sonno e’ mali e omicidii, quanta disonestá, quanta ira, odio e perdimento di tempo che escono per questo menbro !

Se egli è l’odorato, né piú né meno offende ne l’essere suo con disordenato piacere nel suo odorare. E, se egli è il gusto, con golositá insaziabile, con disordenato appetito volendo le molte e varie vivande, non mira se non d’empire il ventre suo,