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me. E1 quale essere gli diei non perché offendesse me né il prossimo suo, ma perché servisse me e lui con dileczione di caritá. Unde Io permecto quello acto o per provare la virtú della pazienzia in quella anima di colui che riceve, o per farlo ricognoscere.

Alcuna volta permectarò che al giusto tucto el mondo gli sará contrario, e ne l’ultimo fará morte la quale dará grande admirazione agli uomini del mondo. Parrá a loro una cosa ingiusta di vedere perire uno giusto quando in acqua, quando in fuoco, quando strangolato da l’animale e quando per cadimento di casa sopra di lui, nel quale perderá la vita corporale. Oh, quanto paiono fuore di modo queste cose a quello occhio che non v’ è dentro el lume della sanctissima fede ! Ma none al fedele: però che ’l fedele ha trovato e gustato, per affecto d’amore, nelle cose grandi sopradecte la mia providenzia; e cosi vede e tiene che con providenzia Io fo ciò ch’io fo, solo per procurare a la salute dell’uomo. E però ha ogni cosa in reverenzia: non si scandalizza in sé, né ne l’operazioni mie, né nel proximo suo; ma ogni cosa trapassa con vera pazienzia. La providenzia mia non è tolta a veruna creatura, perché tucte le cose sonno condite con essa. Alcuna volta parrá a l’uomo, o grandine o tempesta o saecta che Io mandi sopra el corpo della creatura, che ella sia crudeltá, quasi giudicando che Io non abbi proveduto a la salute di colui. E Io l’ho facto per camparlo della morte etternale; ed egli tiene il contrario. E cosi gli uomini del mondo in ogni cosa vogliono contaminare le mie operazioni e intenderle secondo el loro basso intendimento.

CAPITOLO CXXXVIII

Come ciò che Dio ci permecte è solamente per nostro bene e per nostra salute. E come sono ciechi e ingannati quelli che giudicano el contrario.

— E voglio che tu vegga, dilectissima figliuola, con quanta pazienzia a me conviene portare le mie creature, le quali Io ho create, come decto è, a la imagine e similitudine mia con tanta