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l’hanno presa per una consuetudine d’andarvi senza veruna disposizione, si come a la mensa corporale. Tucti questi mali e molti altri, de’ qu. li Io non ti voglio piú dire per non appuzzare l’orecchie tue, seguitano per difecto de’ gatti vi pastori, che non correggono né puniscono e’ difecti de’ subditi e non si curano né sonno zelanti che l’ordine sia observato, perché essi non sonno observatori de l’ordine. Porranno bene le pietre in capo, delle grandi obbedienzie, a coloro che ’l vogliono observare, punendoli delle colpe che non hanno commesse. E tucto questo fanno, perché in loro non riluce la margarita della giustizia, ma della ingiustizia. E però ingiustamente danno, a colui che merita grazia e benivolenzia, penitenzia e odio: a quegli che sonno membri del diavolo, come eglino, danno amore dilecto e stato, commectendo in loro gli offizi de l’ordine. Come aciecati vivono, e come aciecati danno gli offizi e governano e’ subditi. E se essi non si correggono, con questa ciechitá giongono a la tenebre de l’etterna danazione, e con vie’ lo’ rendere ragione a me, sommo giudice, de l’anime de’ subditi loro: male e gattivamente me la possono rendere, e però ricevono da me, giustamente, quello che hanno meritato.

CAPITOLO CXXVI

Come ne’ predecti iniqui ministri regna el peccato de la luxuria.

— Decto t’ho, carissima figliuola, alcuna sprizzarella della vita di coloro che vivono nella sancta religione, con quanta miseria egli stanno ne l’ordine col vestimento della pecora, ed essi sonno lupi rapaci. Ora ti ritorno a’ cherici e ministri della sancta Chiesa, lamentandomi con teco de’ loro difecti, oltre a quegli che Io t’ho narrati, sopra tre colonne di vizi, de’ quali un’altra volta ti mostrai, lagnandomi con teco di loro: cioè della immondizia e della infiata superbia e della cupiditá, ché per cupiditá vendevano la grazia dello Spirito sancto, si come Io t’ho decto.