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volontá e pareri, e senza alcuno giudicio o scandalo o mormorazione del proximo loro. E pregoti, dolcissimo amore, che neuno me ne sia tolto delle mani dal dimonio infernale, si che ne l’ultimo giongano a te, Padre etterno, fine loro.

Anco ti fo un’altra petizione per le due colonne de’ padri che m’hai posti in terra a guardia e doctrina di me, inferma, miserabile, dal principio della mia conversione infino a ora: che tu gli unisca e di due corpi facci una anima, e che neuno actenda ad altro che a compire in loro, e nei misterii che tu l’hai posti nelle mani, la gloria e loda del nome tuo in salute de l’anime. E io, indegna e miserabile, schiava e non figliuola, tenga quel modo, con debita reverenzia e sancto timore verso di loro, per amore di te, che sia tuo onore, pace e quiete loro ed edificazione del proximo.

So’ certa, Veritá etterna, che tu non dispregiarai el desiderio mio né le petizioni che Io t’ho adimandate, però che io cognosco per veduta, secondo che t’è piaciuto di manifestare, e molto maggiormente per pruova, che tu se’ acceptatore de’ sancti desidèri. Io, indegna tua serva, m’ingegnarò, secondo che mi darai la grazia, d’observare il comandamento e la doctrina tua.

O Padre etterno, ricordato m’è d’una parola che tu dicesti quando mi narravi alcuna cosa de’ ministri della sancta Chiesa, dicendo tu che piú distinctamente in un altro luogo me ne parlaresti: de’ difecti che al di d’oggi essi commectono. Unde, se piacesse a la tua bontá di dirne alcuna cosa, acciò che io avesse materia di crescere il dolore e la compassione e l’ansietato desiderio per la salute loro (ché mi ricordo che giá tu dicesti che, col sostenere e lagrime, dolori, sudori e orazioni de’ servi tuoi, ci daresti refrigerio, riformandola di sancti e buoni pastori); si che, acciò che questo cresca in me, però te l’adimando.