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grazia per la colpa del peccato mortale) e perché l’uomo è posto sopra tucte le cose create, e non le cose create sopra lui; e però non si può saziare né stare quieto se none in cosa maggiore di sé. Maggiore di sé non ci è altro che Io, Dio etterno; e però solo Io gli posso saziare. E perché egli n’è privato per la colpa commessa, sta in continuo tormento e pena. Dipo’ la pena gli séguita el pianto; e giognendoli e’ venti, percuotono l’arbore de l’amore della propria sensualitá dove egli ha facto ogni suo principio.

CAPITOLO XCIV

Come li predecti piangitori mondani sono percossi da quatro diversi venti.

— O egli è vento di prosperitá, o egli è vento d’aversitá, o di timore, o di coscienzia, che sonno quattro venti.

El vento della prosperitá notrica la superbia con molta presumpzione, con grandezza di sé e avilimento del proximo suo. Se egli è signore, va con molta ingiustizia e con vanitá di cuore, e con immondizia di corpo e di mente, e con propria reputazione e con molte altre cose che seguitano doppo queste, le quali la lingua tua non potrebbe narrare. Questo vento della prosperitá è egli corrocto in sé? No; né questo né veruno; ma è corrocta la principale radice de l’arbore, unde ogni cosa corrompe. Perché Io, che mando e dono ogni cosa che ha essere, so’ somamente buono; e però è buono ciò che è in questo vento prospero. Unde ne gli séguita pianto, perché ’l suo cuore non è saziato, ché desidera quello che non può avere; e non potendolo avere, ha pena, e nella pena piagne. Giá ti dixi che l’occhio vuole satisfare al cuore.

Dipo’ questo viene uno vento di timore servile, nel quale gli fa paura l’ombra sua, temendo di perdere la cosa che egli ama. O egli teme di perdere la vita sua medesima, o quella de’ figliuoli o d’altre creature ; o teme di perdere lo stato suo o d’altre per amore proprio di sé, o onore o ricchezza. Questo