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inanimare coloro che vogliono essere veri cavalieri, e combactere con la propria sensualitá e carne fragile, col mondo e col dimonio, col coltello de l’odio d’essi nemici suoi, con cui egli ha a combáctare, e con amore delle virtú. E1 quale amore è una arme che ripara da’ colpi che noi possono accanare se esso non si trae l’arme di dosso e ’l coltello di mano e dialo nelle mani de’ nemici suoi, cioè dando l’arme con la mano del libero arbitrio, arrendendosi volontariamente a’ nemici suoi. Non fanno cosi questi che sonno inebriati nel Sangue, anco virilmente perseverano infino a la morte, dove rimangono sconfitti tucti e’ nemici suoi.

O gloriosa virtú, quanto se’ piacevole a me e riluci nel mondo negli occhi tenebrosi degl’ignoranti, che non possono fare che non participino della luce de’ servi miei! Ne l’odio loro riluce la clemenzia ch’e’ servi miei hanno a la loro salute; nella invidia loro riluce la larghezza della caritá; nella crudeltá la pietá, però che essi sonno crudeli verso di loro, ed essi sonno pietosi; nella ingiuria riluce la pazienzia, reina che signoreggia e tiene la signoria di tucte le virtú, perché ella è il mirollo della caritá. Ella dimostra e rasegna le virtú ne l’anima; dimostra se elle sonno fondate in me in veritá, o no. Ella vince e non è mai vinta; ella è compagna della fortezza e perseveranzia, come decto è; ella torna a casa con la victoria, escita del campo della bactaglia, tornata a me, Padre etterno, remuneratore d’ogni loro fadiga, e ricevono da me la corona della gloria.

CAPITOLO LXXVIII

Del quarto stato, el quale non è però separato dal terzo; e de le operazioni de l’anima che è gionta a questo stato; e come Dio non si parte mai da essa per continuo sentimento.

— Ora t’ ho decto come dimostrano d’essere gionti a la perfeczione de l’amore de l’amico e filiale.

Ora non ti voglio tacere in quanto dilecto gustano me, essendo ancora nel corpo mortale. Perché, gionti al terzo stato,