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CAPITOLO LX

III

Questo debbono vedere e cognoscere, che Io non voglio altro che il loro bene, nel sangue de l’unigenito mio Figliuolo, nel quale sangue sonno lavati dalle iniquitá loro. In esso sangue possono cognoscere la mia veritá, che, per dar lo’ vita etterna, Io gli creai a la imagine e similitudine mia, e ricreai a grazia, col sangue del Figliuolo proprio, loro, figliuoli adoptivi. Ma perché essi sonno imperfecti, servono per propria utilitá e allentano l’amore del proximo.

E’ primi vi vengono meno per timore che hanno di non sostenere pena. Costoro, che sonno e’ secondi, allentano, privandosi de l’utilitá che facevano al proximo, e ritragono a dietro da la caritá loro, se si vegono privati della propria utilitá o d’alcuna consolazione che avessero trovata in loro. E questo l’adiviene perché l’amore loro non era schiecto; ma, con quella imperfeczione che amano me (cioè d’amarmi per propria utilitá), di quello amore amano loro.

Se essi non ricognoscono la loro imperfeczione col desiderio della perfeczione, impossibile sarebbe che non voltassero el capo indietro. Di bisogno l’è, a volere vita etterna, che essi amino senza rispecto: non basta fuggire il peccato per timore della pena né abracciare le virtú per rispecto della propria utilitá, però che non è sufficiente a dare vita etterna; ma conviensi che si levi del peccato perché esso dispiace a me, e ami la virtú per amore di me.

È vero che quasi el primo chiamare generale d’ogni persona è questo; però che prima è imperfecta l’anima che perfecta. E da la imperfeczione debba giognere a la perfeczione: o nella vita mentre che vive, vivendo in virtú col cuore schiecto e liberale d’amare me senza alcuno rispecto; o nella morte, riconoscendo la sua imperfeczione con proponimento che, se egli avesse tempo, servirebbe me senza rispecto di sé.

Di questo amore imperfecto amava sancto Pietro el dolce e buono Iesú, unigenito mio Figliuolo, molto dolcemente sentendo la dolcezza della conversazione sua. Ma, venendo el tempo della tribolazione, venne meno; tornando a tanto inconveniente che, non tanto che egli sostenesse pena in sé, ma, cadendo nel primo