muta, e divengon debili gli organi, per i quali l’anima opera
le sue virtù. Però dei cori nostri in quel tempo, come allo
autunno le foglie degli alberi, caggiono i soavi fiori di contento,
e nel loco dei sereni e chiari pensieri entra la nubilosa
e torbida tristizia, di mille calamità compagnata; di
modo che non solamente il corpo, ma l’animo ancora è infermo;
nè dei passati piaceri riserva altro che una tenace
memoria, e la imagine di quel caro tempo della tenera età,
nella quale quando ci ritrovamo, ci pare che sempre il cielo
e la terra ed ogni cosa faccia festa e rida intorno agli occhi
nostri, e nel pensiero, come in un delizioso e vago giardino,
fiorisca la dolce primavera d’allegrezza. Onde forse saria
utile, quando giả nella fredda stagione comincia il sole della
nostra vita, spogliandoci di quei piaceri, andarsene verso
l’occaso, perdere insieme con essi ancor la loro memoria,
e trovar, come disse Temistocle, un’arte che a scordar insegnasse;
perchè tanto sono fallaci i sensi del corpo nostro, che
spesso ingannano ancora il giudicio della mente. Però parmi
che i vecchi siano alla condizion di quelli, che partendosi
dal porto tengon gli occhi in terra, e par loro che la nave
stia ferma e la riva si parta, e pur è il contrario; chè il porto,
e medesimamente il tempo ed i piaceri, restano nel suo
stato, e noi con la nave della mortalità fuggendo n’andiamo
l’un dopo l’altro per quel procelloso mare che ogni cosa assorbe
e devora, nė mai più ripigliar terra ci è concesso, anzi,
sempre da contrarii venti combattuti, al fine in qualche scoglio
la nave rompemo. Per esser adunque l’animo senile subjetto
disproporzionato a molti piaceri, gustar non gli può;
e come ai febricitanti, quando dai vapori corrotti hanno il
palato guasto, pajono tutti i vini amarissimi, benchè preziosi
e delicati siano: così ai vecchi per la loro indisposizione, alla
qual però non manca il desiderio, pajon i piaceri insipidi e
freddi, e molto differenti da quelli che già provati aver si
ricordano, benchė i piaceri in sè siano i medesimi; però,
sentendosene privi, si dolgono, e biasimano il tempo presente
come malo, non discernendo che quella mutazione da
sè e non dal tempo procede; e, per contrario, recandosi a
memoria i passati piaceri, si arrecano ancor il tempo nel