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libro primo. | 69 |
non son pittore; pur certo so aver molto maggior piacere di
vedere alcuna donna, che non aria, se or tornasse vivo,
quello eccellentissimo Apelle che voi poco fa avete nominato.
— Rispose il Conte: Questo piacer vostro non deriva interamente
da quella bellezza, ma dalla affezion che voi forse
a quella donna portate; e, se volete dir il vero, la prima
volta che voi a quella donna miraste, non sentiste la millesima
parte del piacere che poi fatto avete, benchè le bellezze
fossero quelle medesime: però potete comprender quanto
più parte nel piacer vostro abbia l’affezion che la bellezza. Non
nego questo, disse messer Cesare; ma secondo che ’l
piacer nasce dalla affezione, così l’affezion nasce dalla bellezza:
però dir si può che la bellezza sia pur causa del piacere.
— Rispose il Conte: Molte altre cause ancor spesso infiammano
gli animi nostri, oltre alla bellezza; come i costumi, i
il sapere, il parlare, i gesti, e mill’altre cose, le quali però
a qualche modo forse esse ancor si poriano chiamar bellezze;
ma sopra tutto il sentirsi essere amato: di modo che si può
ancor senza quella bellezza di che voi ragionate amare ardentissimamente;
ma quegli amori che solamente nascono
dalla bellezza che superficialmente vedemo nei corpi, senza
dubio daranno molto maggior piacere a chi più la conoscerà,
che a chi meno. Però, tornando al nostro proposito, penso
che molto più godesse Apelle contemplando la bellezza di
Campaspe, che non faceva Alessandro: perchè facilmente si
può creder che l’amor dell’uno e dell’altro derivasse solamente
da quella bellezza; e che deliberasse forse ancor Alessandro
per questo rispetto donarla a chi gli parve che più
perfettamente conoscer la potesse. Non avete voi letto, che
quelle cinque Fanciulle da Crotone, le quali tra l’altre di quel
popolo elesse Zeusi pittore, per far di tutte cinque una sola
figura eccellentissima di bellezza, furono celebrate da molti
poeti, come quelle che per belle erano state approvate da colui,
che perfettissimo giudicio di bellezza aver dovea?
LIV. Quivi, mostrando messer Cesare non restar satisfatto, nè voler consentir per modo alcuno che altri che esso medesimo potesse gustare quel piacer ch’egli sentiva di contemplar la bellezza d’una donna, ricominciò a dire: ma in