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Anzi troppo, rispose il signor Ludovico Pio; perchè credo che al mondo non sia possibile ritrovar un vaso tanto grande, che fosse capace di tutte le cose che voi volete che stiano in questo Cortegiano. — Allor il Conte, Aspettate un poco, disse, che molte altre ancor ve ne hanno da essere. Rispose Pietro da Napoli: A questo modo il Grasso de’ Medici averà gran vantaggio da messer Pietro Bembo.

XLVII. Rise quivi ognuno; e ricominciando il Conte, Signori, disse, avete a sapere, ch’io non mi contento del Cortegiano, s’egli non è ancor musico, e se, oltre allo intendere ed esser sicuro a libro, non sa di varii instrumenti: perchè, se ben pensiamo, niuno riposo di fatiche e medicina d’animi infermi ritrovar si può più onesta e laudevole nell’ozio che questa; e massimamente nelle corti, dove, oltre al refrigerio de’ fastidii che ad ognuno la musica presta, molte cose si fanno per satisfar alle donne, gli animi delle quali, teneri e molli, facilmente sono dall’armonia penetrati e di dolcezza ripieni. Però non è maraviglia se nei tempi antichi e ne’ presenti sempre esse state sono a’ musici inclinate, ed hanno avuto questo per gratissimo cibo d’animo. — Allor il signor Gaspar, La musica penso, disse, che insieme con molte altre vanità sia alle donne conveniente sì, e forse ancor ad alcuni che hanno similitudine d’uomini, ma non a quelli che veramente sono; i quali non deono con delizie effeminare gli animi, ed indurglì in tal modo a temer la morte. — Non dite, rispose il Conte; perch’io v’entrarò in un gran pelago di laude della musica: e ricordarò quanto sempre appresso gli antichi sia stata celebrata e tenuta per cosa sacra, e sia stato opinione di sapientissimi filosofi, il mondo esser composto di musica, e i cieli nel moversi far armonia; e l’anima nostra pur con la medesima ragione esser formata, e però destarsi e quasi vivificar le sue virtù per la musica. Per il che si scrive, Alessandro alcuna volta esser stato da quella così ardentemente incitato, che quasi contra sua voglia gli bisognava levarsi dai convivii, e correre allarme; poi, mutando il musico la sorte del suono, mitigarsi, e tornar dall’arme ai convivii. E diròvvi, il severo Socrate, già vecchissimo, aver imparato a sonare la citara,