al Cortegiano il parlare e scriver bene, e sia o toscano o come
si voglia. — Rispose il Conte: Io già, Signora, ho detto
quello che ne so; e tengo che le medesime regole che servono
ad insegnar l’uno, servano ancor ad insegnar l’altro.
Ma poiché mel comandate, risponderò quello che m’occorre
a messer Federico, il quale ha diverso parer dal mio; e forse
mi bisognerà ragionar un poco più diffusamente che non si
conviene: ma questo sarà quanto io posso dire. E primamente
dico, che, secondo il mio giudicio, questa nostra lingua,
che noi chiamiamo volgare, è ancor tenera e nuova,
benché già gran tempo si costumi; perchè, per essere stata
la Italia non solamente vessata e depredata, ma lungamente
abitata da’ Barbari, per lo commercio di quelle nazioni la
lingua latina s’è corrotta e guasta, e da quella corruzione
son nate altre lingue; le quai, come i fiumi che dalla cima
dell’Apennino fanno divorzio e scorrono nei due mari, così
si son esse ancor divise, ed alcune tinte di latinità pervenute
per diversi cammini qual ad una parte e quale all’altra,
ed una tinta di barbarie rimasta in Italia. Questa adunque
è stata tra noi lungamente incomposta e varia, per non
aver avuto chi le abbia posto cura, nè in essa scritto, nè
cercato di darle splendor o grazia alcuna: pur è poi stata
alquanto più colta in Toscana, che negli altri lochi della Italia;
e per questo par che ’l suo fiore insino da que’ primi
tempi qui sia rimaso, per aver servato quella nazion gentil
accenti nella pronunzia, ed ordine grammaticale in quello
che si convien, più che l’altre; ed aver avuti tre nobili scrittori,
i quali ingeniosamente, e con quelle parole e termini
che usava la consuetudine de’ loro tempi, hanno espresso i
lor concetti: il che più felicemente che agli altri, al parer
mio, è successo al Petrarca nelle cose amorose. Nascendo
poi di tempo in tempo, non solamente in Toscana ma in
tutta la Italia, tra gli uomini nobili e versati nelle corti e
nell’arme e nelle lettere qualche studio di parlare e scrivere
più elegantemente, che non si faceva in quella prima età
rozza ed incolta, quando lo incendio delle calamità nate
da’ Barbari non era ancor sedato: sonsi lasciate molte parole,
cosi nella città propria di Fiorenza ed in tutta la Tosca-