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libro primo. 43


al Cortegiano il parlare e scriver bene, e sia o toscano o come si voglia. — Rispose il Conte: Io già, Signora, ho detto quello che ne so; e tengo che le medesime regole che servono ad insegnar l’uno, servano ancor ad insegnar l’altro. Ma poiché mel comandate, risponderò quello che m’occorre a messer Federico, il quale ha diverso parer dal mio; e forse mi bisognerà ragionar un poco più diffusamente che non si conviene: ma questo sarà quanto io posso dire. E primamente dico, che, secondo il mio giudicio, questa nostra lingua, che noi chiamiamo volgare, è ancor tenera e nuova, benché già gran tempo si costumi; perchè, per essere stata la Italia non solamente vessata e depredata, ma lungamente abitata da’ Barbari, per lo commercio di quelle nazioni la lingua latina s’è corrotta e guasta, e da quella corruzione son nate altre lingue; le quai, come i fiumi che dalla cima dell’Apennino fanno divorzio e scorrono nei due mari, così si son esse ancor divise, ed alcune tinte di latinità pervenute per diversi cammini qual ad una parte e quale all’altra, ed una tinta di barbarie rimasta in Italia. Questa adunque è stata tra noi lungamente incomposta e varia, per non aver avuto chi le abbia posto cura, nè in essa scritto, nè cercato di darle splendor o grazia alcuna: pur è poi stata alquanto più colta in Toscana, che negli altri lochi della Italia; e per questo par che ’l suo fiore insino da que’ primi tempi qui sia rimaso, per aver servato quella nazion gentil accenti nella pronunzia, ed ordine grammaticale in quello che si convien, più che l’altre; ed aver avuti tre nobili scrittori, i quali ingeniosamente, e con quelle parole e termini che usava la consuetudine de’ loro tempi, hanno espresso i lor concetti: il che più felicemente che agli altri, al parer mio, è successo al Petrarca nelle cose amorose. Nascendo poi di tempo in tempo, non solamente in Toscana ma in tutta la Italia, tra gli uomini nobili e versati nelle corti e nell’arme e nelle lettere qualche studio di parlare e scrivere più elegantemente, che non si faceva in quella prima età rozza ed incolta, quando lo incendio delle calamità nate da’ Barbari non era ancor sedato: sonsi lasciate molte parole, cosi nella città propria di Fiorenza ed in tutta la Tosca-