Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
42 | il cortegiano |
parmi che n’abbia maggior bisogno, e più spesso gli occorra
il servirsi del parlare che dello scrivere. — Rispose il Magnifico:
Anzi a Cortegiano tanto eccellente e così perfetto,
non è dubio che l’uno e l’altro è necessario a sapere, e che
senza queste due condizioni forse tutte l’altre sariano non
molto degne di laude: però, se il Conte vorrà satisfare al debito
suo, insegnerà al Cortegiano non solamente il parlare,
ma ancor il scriver bene. — Allor il Conte, Signor Magnifico,
disse, questa impresa non accettarò io già: chè gran
sciocchezza saria la mia voler insegnare ad altri quello che
io non so; e, quando ancor lo sapessi, pensar di poter fare
in così poche parole quello, che con tanto studio e fatica
hanno fatto appena uomini dottissimi; ai scritti de’ quali rimetterei
il nostro Cortegiano, se pur fossi obligato d’insegnargli
a scrivere e parlare. — Disse messer Cesare: Il signor
Magnifico intende del parlare e scriver volgare, e non
latino; però quelle scritture degli uomini dotti non sono al
proposito nostro: ma bisogna che voi diciate circa questo
ciò che ne sapete, chè del resto v’averemo per escusato. Io
già l’ho detto, rispose il Conte; ma, parlandosi della lingua
toscana, forse più saria debito del signor Magnifico che
d’alcun altro il darne la sentenza. — Disse il Magnifico: To
non posso nè debbo ragionevolmente contradir a chi dice
che la lingua toscana sia più bella dell’altre. È ben vero
che molte parole si ritrovano nel Petrarca e nel Boccaccio,
che or son interlasciate dalla consuetudine d’oggidì; e queste
io, per me, non usarei mai, nè parlando nè scrivendo; e
credo che essi ancor, se insin a qui vivuti fossero, non le
usarebbon più. — Disse allor messer Federico: Anzi le usarebbono;
e voi altri signori Toscani dovreste rinovar la vostra
lingua, e non lasciarla perire, come fate; chè ormai si
può dire che minor notizia se n’abbia in Fiorenza, che in
molti altri lochi della Italia. — Rispose allor messer Bernardo:
Queste parole che non s’usano più in Fiorenza, sono
restate ne’ contadini, e, come corrotte e guaste dalla vecchiezza,
sono dai nobili rifiutate.
XXXII. Allora la signora Duchessa, Non usciam, disse, dal primo proposito, e facciam che 'l conte Ludovico insegni