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libro primo. 19

risvegliato nell’animo mio il gioco proposto dal signor Ottaviano, avendo ragionato de’ sdegni d’amore: i quali, avvenga che varii siano, pur a me sono essi sempre stati acerbissimi, né da me credo che si potesse imparar condimento bastante per addolcirgli; ma forse sono piú e meno amari secondo la causa donde nascono. Ché mi ricordo già aver veduto quella donna ch’io serviva verso me turbata, o per suspetto vano che da se stessa della fede mia avesse preso, o vero per qualche altra falsa opinione in lei nata dalle altrui parole a mio danno; tanto ch’io credeva niuna pena alla mia potersi agguagliare e parevami che ’l maggior dolor ch’io sentiva fosse il patire non avendolo meritato, ed aver questa afflizione non per mia colpa, ma per poco amor di lei. Altre volte la vidi sdegnata per qualche error mio e conobbi l’ira sua proceder dal mio fallo; ed in quel punto giudicava che ’l passato mal fosse stato levissimo a rispetto di quello ch’io sentiva allora; e pareami che l’esser dispiaciuto, e per colpa mia, a quella persona alla qual sola io desiderava e con tanto studio cercava di piacere, fosse il maggior tormento e sopra tutti gli altri. Vorrei adunque che ’l gioco nostro fosse che ciascun dicesse, avendo ad esser sdegnata seco quella persona ch’egli ama, da chi vorrebbe che nascesse la causa del sdegno, o da lei, o da se stesso; per saper qual è maggior dolore, o far dispiacere a chi s’ama, o riceverlo pur da chi s’ama — .


XII. Attendeva ognun la risposta della signora Emilia; la qual non facendo altrimenti motto al Bembo, si volse, e fece segno a messer Federico Fregoso che ’l suo gioco dicesse; ed esso subito così cominciò: — Signora, vorrei che mi fosse licito, come qualche volta si suole, rimettermi alla sentenzia d’un altro; ch’io per me volentieri approvarei alcun dei giochi proposti da questi signori, perché veramente parmi che tutti sarebbon piacevoli: pur, per non guastar l’ordine, dico, che chi volesse laudar la corte nostra, lasciando ancor i meriti della signora Duchessa, la qual sola con la sua divina virtú basteria per levar da terra al cielo i piú bassi spiriti che siano al mondo, ben poria senza sospetto d’adulazion dire, che in tutta la Italia forse con fatica si ritrovariano altrettanti cavalieri così singolari, ed oltre alla principal profession della