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libro quarto. | 305 |
LXXIII. Il signor Gaspar cominciava a prepararsi per rispondere; ma la signora Duchessa, Di questo, disse, sia giudice messer Pietro Bembo, e stiasi alla sua sentenza, se le donne sono così capaci dell’amor divino come gli uomini, o no. Ma perchè la lite tra voi potrebbe esser troppo lunga, sarà ben a differirla insino a domani. — Anzi a questa sera, disse messer Cesare Gonzaga. — E come a questa sera? disse la signora Duchessa. — Rispose messer Cesare: Perchè già è di giorno; — e mostrolle la luce che incominciava ad entrar per le fissure delle finestre. Allora ognuno si levò in piedi con molta maraviglia, perchè non pareva che i ragionamenti fossero durati più del consueto; ma per l’essersi incominciati molto più tardi, e per la loro piacevolezza, aveano ingannato quei signori tanto, che non s’erano accorti del fuggir dell’ore; nè era alcuno che negli occhi sentisse gravezza di sonno: il che quasi sempre interviene, quando l’ora consueta del dormire si passa in vigilia. Aperte adunque le finestre da quella banda del palazzo che riguarda l’alta cima del monte di Catri, videro già esser nata in oriente una bella aurora di color di rose, e tutte le stelle sparite, fuor che la dolce governatrice del ciel di Venere, che della notte e del giorno tiene i confini; dalla qual parea che spirasse un’aura soave, che di mordente fresco empiendo l’aria, cominciava tra le mormoranti selve de’ colli vicini a risvegliar dolci concenti dei vaghi augelli. Onde tutti avendo con riverenza preso commiato dalla signora Duchessa, s’inviarono verso le lor stanze senza lume di torchi, bastando lor quello del giorno; e quando già erano per uscir della camera, voltossi il signor Prefetto alla signora Duchessa, e disse: Signora, per terminar la lite tra ’l signor Gaspar e ’l signor Magnifico, veniremo col giudice questa sera più per tempo che non si fece jeri. — Rispose la signora Emilia: Con patto che se ’l signor Gaspar vorrà accusar le donne, e dar loro, come è suo costume, qualche falsa calunnia, esso ancora dia sicurtà di star a ragione, perch’io lo allego sospetto fugitivo. —