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libro quarto. | 303 |
contentezza che sempre diletta e mai non sazia, ed a chi beè
delle sue vive e limpide acque dà gusto di vera beatitudine;
purga tu coi raggi della tua luce gli occhi nostri dalla caliginosa
ignoranza, acciò che più non apprezzino bellezza mortale,
e conoscano che le cose che prima veder loro parea non
sono, e quelle che non vedeano veramente sono; accetta
l’anime nostre, che a te s’offeriscono in sacrificio; abbrusciale
in quella viva fiamma che consuma ogni bruttezza materiale,
acciò che in tutto separate dal corpo, con perpetuo e
dolcissimo legame s’uniscano con la bellezza divina, e noi
da noi stessi alienati, come veri amanti, nello amato possiam
trasformarsi, e levandone da terra esser ammessi al convivio
degli angeli, dove, pasciuti d’ambrosia e néttare immortale73,
in ultimo moriamo di felicissima e vital morte, come già
morirono quegli antichi padri, l’anime dei quali tu con ardentissima
virtù di contemplazione rapisti dal corpo e congiungesti
con Dio.
LXXI. Avendo il Bembo insin qui parlato con tanta veemenza, che quasi pareva astratto e fuor di sè, stavasi cheto e immobile, tenendo gli occhi verso il cielo, come stupido; quando la signora Emilia, la quale insieme con gli altri era stata sempre attentissima ascoltando il ragionamento, lo prese per la falda della roba, e scuotendolo un poco, disse: Guardate, messer Pietro, che con questi pensieri a voi ancora non si separi l’anima dal corpo. — Signora, rispose messer Pietro, non saria questo il primo miracolo, che amor abbia in me operato. — Allora la signora Duchessa e tutti gli altri cominciarono di nuovo a far instanza al Bembo che seguitasse il ragionamento: e ad ognun parea quasi sentirsi nell’animo una certa scintilla di quell’amor divino che lo stimolasse, e tutti desideravano d’udir più oltre; ma il Bembo, Signori, soggiunse, io ho detto quello che ’l sacro furor amoroso74 improvisamente m’ha dettato; ora che par più non m’aspiri75, non saprei che dire: e penso che amor non voglia che più avanti siano scoperti i suoi secreti, nè che il Cortegiano passi quel grado che ad esso è piaciuto ch’io gli mostri; e perciò non è forse licito parlar più di questa materia. —
LXXII. Veramente, disse la signora Duchessa, se ’l Cor-