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262 | il cortegiano |
che quelle che appartengono alla instituzion del principe, ed
a questo fine della Cortegianía. — Rispose il signor Ottaviano:
Non sono di poca importanza tutte quelle che giovano
al guadagnar la grazia del principe, il che è necessario, come
avemo detto, prima che ’l Cortegiano si aventuri a volergli
insegnar la virtù; la qual estimo avervi mostrato che
imparar si può, e che tanto giova, quanto nuoce la ignoranza,
dalla quale nascono tutti i peccati, e massimamente
quella falsa persuasion che l’uom piglia di sè stesso: però
parmi d’aver detto a bastanza, e forse più ch’io non aveva
Allora la signora Duchessa, Noi saremo, disse,
promesso.
tanto più tenuti alla cortesia vostra, quanto la satisfazione
avanzerà la promessa; però non v’incresca dir quello che vi
pare sopra la dimanda del signor Gaspar; e, per vostra fè,
diteci ancora tutto quello che voi insegnareste al vostro principe
s’egli avesse bisogno d’ammaestramenti, e presupponetevi
d’avervi acquistato compitamente la grazia sua, tanto che
vi sia licito dirgli liberamente ciỏ che vi viene in animo.—
XXVI. Rise il signor Ottaviano e disse: S’io avessi la grazia di qualche principe ch’io conosco, e li dicessi liberamente il parer mio, dubito che presto la perderei; oltra che per insegnarli bisogneria ch’io prima imparassi. Pur poichė a voi piace ch’io risponda ancora circa questo al signor Gaspar, dico che a me pare che i principi debbano attendere all’una e l’altra delle due vite, ma più però alla contemplativa, perchè questa in essi è divisa in due parti: delle quali l’una consiste nel conoscer bene e giudicare; l’altra nel comandare drittamente e con quei modi che si convengono, e cose ragionevoli, e quelle di che hanno autorità, e comandarle a chi ragionevolmente ha da obedire, e nei lochi e tempi appartenenti; e di questo parlava il duca Federico quando diceva, che chi sa comandare è sempre obedito: e ’l comandare è sempre il principal officio de’ principi, li quali debbono però ancor spesso veder con gli occhi ed esser presenti alle esecuzioni, e secondo i tempi e i bisogni ancora talor operar essi stessi; e tutto questo pur partecipa della azione: ma il fin della vita attiva deve esser la contemplativa, come della guerra la pace, il riposo delle fatiche.