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cora che forse a molti altri paja il contrario, spesso non fanno altro che effeminar gli animi, corromper la gioventù, e ridurla a vita lascivissima; onde nascono poi questi effetti, che ’l nome italiano è ridotto in obbrobrio, nė si ritrovano se non pochi che osino non dirò morire, ma pur entrare in un pericolo. E certo infinite altre cose sono, le quali, mettendovisi industria e studio, partoririano molto maggior utilità e nella pace e nella guerra, che questa tal Cortegianía per sẻ sola; ma se le operazioni del Cortegiano sono indirizzate a quel buon fine che debbono e ch’io intendo, parmi ben, che non solamente non siano dannose o vane, ma utilissime e degne d’infinita laude.

V. Il fin adunque del perfetto Cortegiano, del quale insino a qui non s’è parlato, estimo io che sia il guadagnarsi, per mezzo delle condizioni attribuitegli da questi signori, talmente la benivolenza e l’animo di quel principe a cui serve, che possa dirgli e sempre gli dica la verità d’ogni cosa che ad esso convenga sapere, senza timor o pericolo di dispiacergli; e conoscendo la mente di quello inclinata a far cosa non conveniente, ardisca di contradirgli, e col gentil modo valersi della grazia acquistata con le sue buone qualità per rimoverlo da ogni intenzion viziosa, ed indurlo al cammin della virtù; e così avendo il Cortegiano in sė la bontà, come gli hanno attribuita questi signori, accompagnata con la prontezza d’ingegno e piacevolezza, e con la prudenza e notizia di lettere e di tante altre cose: saprà in ogni proposito destramente far vedere al suo principe, quanto onore ed utile nasca a lui ed alli suoi dalla giustizia, dalla liberalità, dalla magnanimità, dalla mansuetudine, e dall’altre virtù che si convengono a buon principe; e, per contrario, quanta infamia e danno proceda dai vizii oppositi a queste. Però io estimo che come la musica, le feste, i giochi e l’altre condizioni piacevoli son quasi il fiore, così lo indurre o ajutare il suo principe al bene, e spaventarlo dal male, sia il vero frutto della Cortegianía. E perchè la laude del ben far consiste precipuamente in due cose, delle quai l’una è lo eleggersi un fine dove tenda la intenzion nostra, che sia veramente buono; l’altra il saper ritrovar mezzi op-