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libro terzo. 229


me conviene, prima che lo faccia intendere alla donna, devesi assecurar di non offenderla. — Disse allora il signor Gasparo: A tutte le donne piace l’esser pregate d’amore, ancor che avessero intenzione di negar quello che loro si domanda. — Rispose il magnifico Juliano: Voi v’ingannate molto; nè io consigliarei il Cortegiano che usasse mai questo termine, se non fosse ben certo di non aver repulsa.

LXV. E che cosa deve egli adunque fare?— disse il signor Gasparo. Soggiunse il Magnifico: Se pur vuole scrivere o parlare, farlo con tanta modestia e così cautamente, che le parole prime tentino l’animo, e tocchino tanto ambiguamente la volontà di lei, che le lascino modo ed un certo esito di poter simulare di non conoscere, che quei ragionamenti importino amore, acciò che se trova difficoltà possa ritrarsi, e mostrar d’aver parlato o scritto d’altro fine, per goder quelle domestiche carezze ed accoglienze con sicurtà, che spesso le donne concedono a chi par loro che le pigli per amicizia; poi le negano, subito che s’accorgono che siano ricevute per dimostrazion d’amore. Onde quelli che son troppo precipiti, e si avventurano così prosuntuosamente con certe furie ed ostinazioni, spesso le perdono, e meritamente; perchè ad ogni nobil donna pare sempre di essere poco estimata da chi senza rispetto la ricerca d’amore prima che l’abbia servita:

LXVI. Però, secondo me, quella via che deve pigliar il Cortegiano per far noto l’amor suo alla Donna parmi che sia il mostrargliele coi modi più presto che con le parole; chè veramente talor più affetto d’amor si conosce in un sospiro, in un rispetto, in un timore, che in mille parole; poi far che gli occhi siano que’ fidi messaggieri, che portino l’ambasciate del core; perchè spesso con maggior efficacia mostran quello che dentro vi è di passione, che la lingua propria o lettere o altri messi: di modo che non solamente scoprono i pensieri, ma spesso accendono amore nel cor della persona amata; perchè que’ vivi spirti che escono per gli occhi, per esser generati presso al core, entrando ancor negli occhi, dove sono indrizzati, come saetta al segno, naturalmente penetrano al core come a sua stanza, ed ivi si confondono con quegli altri spirti, e, con quella sottilissima natura di sangue che hanno