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dedica dell'autore 5


sua propria lingua; nè meno alcuno è astretto a leggere o ascoltare quello che non gli aggrada. Perciò, se essi non vorran leggere il mio Cortegiano, non mi tenerò io punto da loro ingiuriato.

Altrì dicono, che essendo tanto difficile e quasi impossibile trovar un uomo così perfetto come io voglio che sia il Cortegiano, è stato superfluo il scriverlo, perchè vana cosa è insegnar quello che imparar non si può. A questi rispondo, che mi contenterò aver errato con Platone, Senofonte e Marco Tullio, lasciando il disputare del mondo intelligibile e delle Idee; tra le quali, sì come (secondo quella opinione) è la Idea della perfetta Republica, e del perfetto Re, e del perfetto Oratore, così è ancora quella del perfetto Cortegiano: alla imagine della quale s’io non ho potuto approssimarmi col stile, tanto minor fatica averanno i cortegiani d’approssimarsi con l’opere al termine e meta, ch’io collo scrivere ho loro proposto; e se, con tutto questo, non potran conseguir quella perfezion, qual che ella si sia, ch’io mi sono sforzato d’esprimere, colui che più se le avvicinerà sarà il più perfetto; come di molti arcieri che tirano ad un bersaglio, quando niuno è che dia nella brocca, quello che più se le accosta senza dubio è miglior degli altri. Alcuni ancor dicono, ch’io ho creduto formar me stesso, persuadendomi che le condizioni ch’io al Cortegiano attribuisco, tutte siano in me.d5 A questi tali non voglio già negar, di non aver tentato tutto quello ch’io vorrei che sapesse il Cortegiano; e penso che chi non avesse avuto qualche notizia delle cose che nel libro si trattano, per erudito che fosse stato, mal averebbe potuto scriverle: ma io non son tanto privo di giudicio in conoscere me stesso, che mi presuma saper tutto quello che so desiderare.

La difesa adunque di queste accusazioni, e forse di molt’altre, rimetto io per ora al parere della commune opinione; perchè il più delle volte la moltitudine, ancor che perfettamente non conosca, sente però per instinto di natura un certo odore del bene e del male, e, senza saperne rendere altra ragione, l’uno gusta ed ama, e l’altro rifiuta ed odia. Perciò, se universalmente il libro piacerà, terròllo per buono, e penserò che debba vivere; se ancor non piacerà, terròllo per malo, e tosto crederò che se n’abbia da perder la memoria. E se pur i miei accusatori di questo commun giudicio non restano satisfatti, conténtinsi almeno di quello del tempo; il quale d’ogni cosa al fin scopre gli occulti difetti, e, per esser padre della verità e giudice senza passione, suol dare sempre della vita o morte delle scritture giusta sentenza.

Baldesar Castiglione.