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124 | il cortegiano |
all’improviso, ad una delle due porte della sala nella qual
passeggiavano, e fermatosi un poco, mostrò col dito a’ compagni
la inscrizion di quella, che era il nome di papa Alessandro,
nel fin del quale era un V ed I, perchè significasse,
come sapete, Sesto; e disse: Eccovi che questa porta
dice: Alessandro papa vi, che vuol significare, che è stato
papa per la forza che egli ha usata, e più di quella si è valuto
che della ragione. Or veggiamo se da quest’altra potemo
intender qualche cosa del nuovo pontifice; — e voltatosi,
come per ventura, a quell’altra porta, mostré la inscrizione
d’un N, dui PP, ed un V, che significava Nicolaus Papa
Quintus; e subito disse: Oimè male nove; eccovi che questa
dice: Nihil Papa Valet.
XLIX. Or vedete come questa sorte di facezie ha delle
elegante e del buono, come si conviene ad uom di corte, o
vero o finto che sia quello che si narra; perchè in tal caso
è licito fingere quanto all’uom piace, senza colpa; e dicendo
la verità, adornarla con qualche bugietta, crescendo o diminuendo
secondo ’l bisogno. Ma la grazia perfetta e vera virtù
di questo è il dimostrar tanto bene e senza fatica, così coi
gesti come con le parole, quello che l’uomo vuole esprimere,
che a quelli che odono paja vedersi inanzi agli occhi far le
cose che si narrano. E tanta forza ha questo modo così
espresso, che talor adorna e fa piacer sommamente una cosa,
che in sè stessa non sarà molto faceta nè ingeniosa. E benchè
a queste narrazioni si ricerchino i gesti, e quella efficacia
che ha la voce viva, pur ancor in scritto qualche volta
si conosce la lor virtù. Chi non ride quando, nella ottava
Giornata delle sue Cento Novelle, narra Giovan Boccaccio,
come ben si sforzava di cantare un Chìrie ed un Sanctus il
prete di Varlungo quando sentia la Belcolore in chiesa? Piacevoli
narrazioni sono ancora in quelle di Calandrino, ed in
molte altre. Della medesima sorte pare che sia il far ridere
contrafacendo o imitando, come noi vogliam dire; nella qual
cosa fin qui non ho veduto alcuno più eccellente di messer
Roberto nostro da Bari.
L. Questa non sarà poca laude; disse messer Roberto; se fosse vera, perch’io certo m’ingegnerei d’imitare più