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libro secondo. | 99 |
bilancia il bene e la commodità che gli è per venire del fare
contra: il comandamento, ponendo chel disegno suo gli succeda
secondo la speranza; dall’altra bandà, contrapesare il
male e la incommodità che glie ne nasce se per sorte, contrafacendo
al comandamento, la cosa gli vien mal fatta; e
conoscendo che ’l danno possa esser maggiore e di più importanza
succedendo il male, che la utilità succedendo il bene,
dee astenersene, e servar apuntino quello che imposto gli
è; e per contrario, se la utilità è per esser di più importanza
succedendo il bene, che ’l danno succedendo il male, credo
che possa ragionevolmente mettersi a far quello che più la
ragione e ’l giudicio suo gli detta, e lasciar un poco da canto
quella propria forma del comandamento; per fare come i
buoni mercatanti, li quali per guadagnare l’assai avventurano
il poco, ma non l’assai per guadagnar il poco. Laudo
ben che sopra tutto abbia rispetto alla natura di quel signore
a cui serve, e secondo quella si governi; perchè se fosse
così austera, come di molti che se ne trovano, io non lo consigliarei
mai, se amico mio fosse, che mutasse in parte alcuna
l’ordine datogli: acciò che non gl’intravenisse quel che
si iscrive esser intervenuto ad un maestro ingegnero d’Ateniesi,
al quale, essendo Publio Crasso Muziano in Asia, e
volendo combattere una terra, mandò a domandare un de’ dui
alberi da nave che esso in Atene avea veduto, per far uno
ariete da battere il muro, e disse voler il maggiore. L’ingegnero,
come quello che era intendentissimo, conobbe quel
maggiore esser poco a proposito per tal effetto; e per esser
il minore più facile a portare, ed ancor più conveniente a far
quella machina, mandollo a Muziano. Esso, intendendo come
la cosa era ita, fecesi venir quel povero ingegnero, e domandatogli,
perchè non l’avea ubedito, non volendo ammettere
ragion alcuna che gli dicesse, lo fece spogliar nudo, e battere
e frustare con verghe tanto che si morì, parendogli che
in loco d’ubedirlo avesse voluto consigliarlo: sì che con
questi così severi uomini bisogna usar molto rispetto.
XXV. Ma, lasciamo da canto omai questa pratica de’ signori, e vengasi alla conversazione coi pari o poco diseguali;. chè ancor a questa bisogna attendere, per esser universal-