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rie lingue, di musica, di disegno, di pittura. Nel primo libro inoltre v’ha una lunga ed importante digressione, nella quale il Castiglione esprime le sue opinioni intorno al modo di parlare e di scrivere la nostra lingua. Avendo cioè il Canossa dichiarato, doversi in ogni cosa con sommo studio fuggire l’affettazione, e perciò anche nello scrivere e nel parlare: Ludovico da Canossa condanna l’uso di parole e di modi antiquati e caduti in desuetudine; laddove Federico Fregoso vuole si adoprino, e crede aggiungano spesso grazia e gravità al discorso. Colla stessa occasione l’Autore espone la sua dottrina intorno alla ortografia: nel che, come noteremo più sotto, dà senza dubio in grave eccesso, svestendo la lingua italiana del proprio carattere, troppo concedendo alla etimologia e ritraendo la nostra lingua alla forma latina.
Federico Fregoso, quegli stesso che aveva proposto il gioco o ragionamento del Cortegiano, fu incaricato di proseguirlo la seguente sera, e nominatamente di esporre, quando e come si abbia a far uso delle buone qualità descritte dal Conte Ludovico. Essendo quindi caduta menzione delle facezie, Bernardo Bibiena ne discorre ampiamente, portandone molti esempii. Tutto questo lungo tratto, nel quale, ma non servilmente, è seguito Cicerone nel secondo Libro De Oratore, è uno dei più ameni del Dialogo, e quasi un riposo fra i gravi ragionamenti delle qualità richieste nel Cortegiano.
Tolta occasione da alcuna parola che pone in bocca a Gasparo Pallavicino contro le femine, nel terzo Libro, sotto la persona di Giuliano de’ Medici il Magnifico, l’Autore espone di quali doti debba essere ornata una perfetta Donna di Palazzo; passa indi agli elogi delle donne, e adduce esempii di molte che furono insigni per ogni genere di virtù; tratta del modo con che debbano comportarsi con chi loro parli di amore; ed infine, tornando Gaspar Pallavicino a dir mal delle donne, l’Autore, per bocca di Ottaviano Fregoso, conchiude, la verità essere nel mezzo, fra i troppi biasimi del signor Ga-