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vogliamo venire ai particulari d’una lingua, fermianci nella nostra, della quale si ragiona. E in questa, lassando tanti altri davanti al Petrarca, che di tempo in tempo e nuove ed esterne voci portandoci e riformando di quelle che ci erano giá portate, di rozzissima ch’ella era, l’hanno prima abbozzata, di poi limata, ed alla fine condotta a quel termine nel quale fu da Dante lasciata: diciamo quante ce n’ha recate il Petrarca, oltre a loro, e della lingua latina e della greca, e della provenzale e della commune italiana? E, quel eh’è piú, quante ce n’ha messe della latina, che non aveano mai prima, e non hanno mai dopo, presa la forma del nostro parlare: come sono «bibo», «scribo», «delibo», «corno», «curto», «abexperto», «íntellette», «prevento», «míserere» e cotali, che sono schiettamente del Lazio, e non entrate in Toscana, come l’altre, per la porta dell’uso? Quante poi, di quelle che non sono poste da lui, sono state aggiunte dai giudiziosi che dopo sono venuti? Dico «giudiziosi», perché neanco io voglio che siano bene usate quelle che senza giudizio e senza scelta sono state intromesse da chiunque si sia, e cavate da qualsivoglia idioma. L’opinion mia non è che si faccia fascio d’ogni erba, ma si ben ghirlanda d’ogni fiore; non che s’adopri la falce, come dicono che adoperò Dante, ma che se ne colga a discrezione, come ha fatto il Petrarca: non quelli appunto che colse il Petrarca, ma di quella sorte s’intende che s’abbiano a córre. Non sarebbe pazzo uno che, volendo imparare di caminare da un altro, gli andasse sempre dietro, mettendo i piedi appunto donde colui gli lieva? La medesima pazzia è quella che dite voi, a voler che si facciano i medesimi passi, e non il medesimo andare del Petrarca. Imitar lui vuol dire che si deve portar la persona e le gambe come egli fece; e non porre i piedi nelle sue stesse pedate. Egli si valse giudiziosamente, in tutte le lingue, di tutte le buone voci : col medesimo giudizio è lecito di valersene ancora ad ognuno. Quel che si deve avertire è che non si faccia senza debita considerazione. E in questo ha spezialmente la nostra favella perpetuo obligo col Bembo, perché n’insegnò la via di cosi fare, -e raffrenò l’audacia di coloro che troppo licenziosamente in