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Procuratore. Dove strascinate voi costei?
Marabeo. Tirala.
Pilucca. Spingila.
Procuratore. Non udite, no? Oh! questa è la brutta cosa. Uscite fuori, vicini. Datemi la mia veste; la veste, olá.
Marabeo. Che faremo, Pilucca?
Pilucca. Non lo so io.
Marabeo. La lasserò io: menala tu, Pilucca.
Pilucca. Si, ch’io voglio esser impiccato per te.
Marabeo. Io voglio fuggir via.
Pilucca. E io, via!
SCENA IV
Agatina, Procuratore.
Agatina. Oh, che assassinamenti! oh, che crudeltá son queste ! È possibile che qui non si truovi né misericordia né giustizia? In man di turchi ho salvato l’onore e la persona mia, e ora son sforzata e martirizzata dai nostri. O Tindaro mio, dove sei tu? Oh, sapessi tu almeno dove sono io!
Procuratore. Che cosa è questa, figliuola?
Agatina. O signor mio, per l’amor di Dio, non mi lasciate far si disonesto torto !
Procuratore. E da chi?
Agatina. Da un Marabeo, can mastino, che abita in questa casa, dove m’ha tenuta tanti mesi per forza; e degli strazi che ha fatti della mia persona, per espugnar la mia verginitá e per venderla, ne possono in parte far fede questi ferri e queste battiture.
Procuratore. Oh ghiotto da forche! In questa cittá, in una piazza cosi celebre, a tempo di questo prencipe, queste soperchierie a una vergine! Non dubitate, figliuola mia, ché voi séte salva, e questo tristo sará castigato.
Agatina. O signore, se possibile è, conducetemi a piedi del prencipe, e sentirete gran cose, perché io sono liberata da’