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deprime loro, nominandoli nel numero del piú; con che gonfia diminuzione esalta sé ! Considerate alla fine quanto gli par di sapere, quando strapazza quelli che sanno tanto, e quando si vanta di rimetter la sapienza nel mondo. O intollerabile, o stomacosa, o mostruosa insolenza! E quando ben voi foste veramente qual vi tenete, e non solo sapiente, ma lo dio stesso del sapere, vi par che voi doveste dir queste parole? Un uomo che, se ben non ha cervello da uomo, ha però la fronte, ha gli occhi, ha ’l naso, ha la bocca e l’altre parti, per contrafatte che siano, almeno della spezie umana, s’attribuisce da se medesimo di saper piú di tutti gli altri uomini, e lo dice agli altri, e lo scrive di sua man propria; e non solamente non se ne vergogna, ma ne dispregia e ne schernisce quelli che sanno veramente; e si truovano de’ mocciconi e de’ babbuassi che lo stanno a sentire e che gli credono. Che sorte di cecitá o d’inganno o d’incanto è questa? Che nuova maniera di sapere e di credere è venuta oggi nel mondo? Ma io vorrei pure che voi mi diceste una volta, quali son queste cose che voi sapete? Queste ch’avete scritte forse? Queste bamboccerie, queste porcherie, queste pidocchierie domandate voi sapere? Oh infelice voi che le sapete, infelici quelli che l’imparano da voi, infelici voi e loro che non le disimparate, non le dimenticate e non vi gittate via insieme con esse ! Ma pognamo che questo sia un saper nuovo e non conosciuto se non da voi e che sia qualche cosa, come è nulla; a che è egli buono? Ad insegnare? Dunque chi dice che altri non sa, vi par che insegni e che mostri di saper egli? A dilettare? Si certo; con questo bello scrivere e con si belle cose che voi scrivete. A giovare? A che, se non mostrate cosa alcuna? E a chi, se offendete e disonorate ognuno? A onorar voi forse? E come? Con chiarire il mondo che voi siete un sofistuzzo, un fantasticuzzo, uno arrabbiatello, che con tanta vanitá, con tanta impertinenza e con tanta ostentazion di voi, procurate il biasimo degli altri e la vostra vergogna? Mi si dice che tutte queste male condizioni ricoprite col velo dell’ingenuitá e della libertá del dire, facendo professione di dir la veritá, senza guardare in viso a persona. Quanto a questo,