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di Cristoforo Bucetti 47



XVII.


Asceso in alto poco men d’un miglio
In giuso miro nei luoghi più bassi,
Ove solea colei volgere i passi
Che beato mi fea movendo un ciglio:
Ma del mio error accorto alfin ripiglio
Il mio cammino giù per balze e sassi
Con gli occhi quasi spenti, umili e lassi,
Che a un fonte più che ad uomo i’ rassomiglio.
O felice alma, che di lassù scorgi
Il grave mio dolor, onde la vita
Ho in odio sì, ch’ognor bramo la morte:
Pietosi prieghi al gran Fattor tu porgi,
Ch’a se mi guidi, onde quest’alma unita
Teco non tema più d’avversa sorte.


XVIII.


L’anima bella di virtute amica
Ch’ornò già ’l mondo, or è nel Ciel salita,
Torna sovente, e a lagrimar m’invita
Più che mai bella e più che mai pudica;
Indi il volto m’asciuga, e par che dica:
S’è ver che ti duol sì ch’io sia partita
Da quella morte che si chiama vita,
Ove il dritto sentier tiensi a fatica,
E te stesso in odio abbi, e ’l vulgo ancora,
E sol brami d’uscir di tanti affanni,
E me seguir per così lunga via:
Anzi che giunga lei che ci scolora,
Drizza de’ tuoi desir, già mondo, i vanni
Al sommo Dio da da chi ogni ben sì cria.