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di Cristoforo Bucetti 45



XIII.


Se ’l dolce suon de’ caldi sospir miei
Giugner potesse in parte ove dimora
Chi co’ bei lumi accende ed innamora
I Mortali non pur, ma i sommi Dei:
E se fussero intesi i dolci omei
E le pietose voci che ad ogni ora
Spargo per lei che tutto il mondo onora
So ben che in tanto duol più non vivrei:
Ma perchè m’allontana il mio destino
Da quel bel viso, e dal soave sguardo,
Da que’ vaghi atti e quei santi costumi:
Vo sempre lagrimando invan meschino
Empiendo il ciel di strida, e poi tutt’ardo,
Nè in campo valmi aver duo larghi fiumi.


XIV.


Dopo quattr’anni nove mesi e un giorno
Ne’ quali il pianger sol mi fu concesso,
Mercè del mio Signor, feci ritorno
Là dove piansi e sospirai sì spesso.
Ahimè che a l’apparir del viso adorno,
Non so come, sentii cangiar me stesso,
I sospiri accendean l’aria d’intorno,
Ardea da lungi, ed agghiacciava appresso.
L’antica fiamma subito risorse
Con impeto maggior che non fe quando
Dal mio dritto sentier amor mi torse:
Poi d’allegrezza quasi lagrimando
L’alma d’uscir allora stette in forse,
Che i begli occhi ver me drizzò tremando.