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di Carlo Rosmini | 11 |
tacer d’altri molti. Ma siccome costoro erano ingegni grandissimi, sempre in mezzo agli studj fervorosamente allevati e nutriti, se sepper distinguersi nel gusto cattivo, sepper anche levar fama nel buono, perchè il sepper conoscere, e tal dottrina aveano e tai lumi onde conoscerlo. Ma dove al contrario gli studj sono negletti generalmente, sono poco apprezzati, o si coltivano solo quanto posson mercarne guadagno, o servire alla galanteria, è chiaro che non si può sperare riforma, ma si dee anzi temer la barbarie, che distrugga affatto in noi e ne’ posteri nostri ogni sentimento del buono e del bello, e questa è l’epoca pur troppo funesta che per mille indizj par ci minacci.
Veduto come il languore e la poca estimazion degli studj, sono la principale cagione del luttuoso stato in che giaccion presentemente le lettere; potrebbe ora cercarsi, se ciò dalla negletta educazione derivi, e dai mezzi spenti che più eran acconci a condurla, se dalla mancanza de’ mecenati che sostengan i poveri ingegni, e spargan l’emulazione fra loro: ma lo scioglimento di questi problemi, che collegar si potrebbono con altri molti, oltre che sarebbe estraneo allo scopo propostomi, sarebbe inutile affatto, mancando ad un individuo, che scrive, e l’autorità onde dar peso ed efficacia alle sue parole, e il potere.