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il Porta esercitò spesse volte la possente arma del ridicolo, noi protestando il massimo rispetto alla dignità del ministero sacerdotale, come pure allo zelo, alla purità, ai lumi di molti fra quelli che in esso s’adoperano, domanderemo ad ogni amico della religione, se sia vero, o no, che molti fra i preti giustificano colla loro condotta le più veementi imputazioni; se la bassezza del cuore, l’ignoranza, l’avarizia pretesca; se la scandalosa e turpe indecenza nell’adempiere alle più auguste cerimonie, ai riti venerandi della Chiesa, siano esagerate invenzioni del Porta, o fatti sgraziatamente manifesti. E dove gli abusi e i vizi esistono, non è egli ufficio nobile, santo, quello di screditarli, di farli segno alla pubblica abbominazione? E colui che opera per tal modo non serve egli a menomare, se non a togliere del tutto, i vizî che dipinge? Sono satire, si dice: e che per ciò? Quando la satira non è della persona, ma del vizio, è ella forse cattiva? Badate che verreste a condannare come autori di satire i più rispettabili moralisti, che le satire le più eloquenti e le più ardite in questo genere sono state fatte da dotti uomini, dagli stessi Padri della Chiesa.

Non ci tratterremo a discorrere del merito poetico di questo scrittore: la perfezione quasi continua dello stile, la ricchezza inesauribile delle immagini sempre variate, sempre nuove, la coppia e la vivacità dei quadri, quell’acume d’osservazione, quella finezza di satira, quella natura viva, moventesi e parlante ch’ei pone