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aveva fatto di non prendere mai più la penna per scrivere un verso; ed ecco come le goffe e petulanti contumelie d’un ciarlatano pervengono qualche volta a soffocare il genio e a stornarlo dalla sua via. Ma il Porta, dopo un lungo silenzio, non potè più resistere all’impulso della sua natura, e si lasciò andare di nuovo a scrivere di quando in quando alcuni componimenti burleschi sopra argomenti vari, per lo più offerti dai casi della giornata; componimenti che venivano letti avidamente fra le brigate, e mostravano già in lui un grandissimo talento comico, una ricchezza non ordinaria d’invenzione, e sarebbero anche al giorno d’oggi reputati bellissimi, se il loro stesso autore non ci avesse resi troppo esigenti con quelli che ci regalò negli ultimi dieci o dodici anni della sua vita, mostrandoci egli medesimo quanta strada gli restasse ancora a percorrere per giungere a quell’altezza alla quale in seguito pervenne.
Il primo lavoro che gli abbia acquistata celebrità durevole, levando rumore grandissimo nonchè in Milano, ma in ogni luogo ove il vernacolo milanese è inteso, fu quello intitolato: Desgrazi de Giovannin Bongee. Ove si possa far tacere quel senso morale doloroso che nasce in veder fatto soggetto di riso un connazionale insultato e vilipeso a torto dallo straniero prepotente, questo lavoro è tale per la eleganza dello stile, per pittura fedelissima del vero, per la ricchezza del comico da cui è dominato da capo a fondo, che merita certamente