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48 Open source, software libero e altre libertà


Nel gergo si parla di “inbound” (in ingresso) per definire il software già esistente e le relative condizioni di terzi che inseriamo nel nostro lavoro e “outbound” (in uscita) per il software che distribuiamo e la licenza che utilizzeremo per tale distribuzione.

Qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio,
qualcosa di prestato, qualcosa di rosso

Le condizioni di licenza inbound possono richiedere che il software derivato sia sotto una determinata licenza o categoria di licenze (outbound), oppure possono addirittura escludere la licenziabilità del software sotto una o più licenze incompatibili. Dunque una qualsiasi decisione deve per forza partire da una ricognizione di quello che c’è già, per vedere di chi è, se va buttato e se va buttato cosa se ne deve andare con esso.

Se il software è interamente sviluppato dal nostro imprenditore, non c’è problema. O c’è? In teoria può accadere che qualcuno (uno stagista, un ambiente di sviluppo, una libreria che faceva comodo e di cui ci si è dimenticati) abbia inserito nel codice qualcosa di altri che è sotto una licenza le cui condizioni sono incompatibili con la licenza outbound. A seconda delle dimensioni del progetto e della sua anzianità, o del fatto che è stato acquistato da terzi (magari dopo l’acquisizione della società che l’aveva creato), queste informazioni possono non essere direttamente reperibili. Nel qual caso esistono strumenti di analisi del codice sorgente utilizzabili a pagamento (tra i quali Black Duck è il più famoso e completo); e altri gratuiti (ad esempio, io uso Fossology per le mie esigenze