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Concorrevano ai bisogni del bilancio gli affitti di un prato sortumoso e del pascolo di Bientro e Gaggio, da tempo immemorabile posseduti dal Comune; l’incanto dei dazi del prestino ed osteria, nonchè peso e misura pubblici, scavo del sabbione, raccolta della legna dirupata e la pescagione del lago. Le straordinarie piene, non permettendo una regolare pescagione nè un regolare taglio del prato a S.a Cecilia, obbligavano il Comune al rimborso dei danni agli affittuari.

La tassa di macinazione era a carico del prestinajo, che ne tratteneva l’importo sul peso del pane.

I proprietari che volevano vendere vino al minuto dovevano assoggettarsi ad una tassa proporzionale al vino che intendevano smerciare.

In paese trovavansi: un postaro per la vendita del sale; due barcajuoli che alternativamente andavano a Como e Lecco per le provviste; due rivenditori al minuto, un oste ed un prestinajo.

Dal censo principiato nel 1726 ed entrato in vigore coll’approvazione 26 giugno 1781, il territorio risultava di pert. 9675.19.2/4 con l’estimo di scudi 10694.1.5.

Case, mulini, fabbricati in genere non portavano tassa; l’imposta gravitava solamente sopra la misura del terreno occupato.

Oltre alle pubbliche imposte dovute alla R.a Camera per diaria, mensile, ecc., dovevasi sopperire alle spese locali, e cioè: al Feudatario annue lire 74 — al Sindaco e Cancelliere 62 — al Podestà, o Giudice residente in Bellano, 25, più 5.5 per l’annuale visita alle strade — al Console 10 — all’Esattore, in media, 66 — al Cappellano 312 — ai Sagrestani, regolatori dell’orologio, 60 — all’Organista 54 — al Medico-Chirurgo 46.2 (Vedi annotazione O) — per manutenzione delle strade e porto 165 — al Podestà per visite in occasione di morti, cadute, incendi e ruberie 30 — taglia per orsi, lupi e talpe 90 — per funzioni religiose e cereo pasquale 28 — in totale, fra imposta reale,