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Speciale rigore usavasi nello spurgo dei moli di Corenno, di Presungio, del Guasto, di Ventilia e di Corte; questi due ultimi in posizione non precisata e dei quali la tradizione non conservò il nome. Di quello al Guasto, fra Corenno e Dorio, si scorgono avanzi di muro, come pure in vicinanza della Capona, territorio di Dervio, nella stagione invernale quando le acque del lago sono basse, limpide e quete. Nello scavo delle fondamenta del nuovo porto del signor Carlo Cunico furono trovati avanzi di grosse mura, della cui esistenza era però voce comune, e queste mura sono probabilmente quelle del molo di Corte, così chiamato per essere in vicinanza alla Corte o casa di giustizia. In un istromento 9 febbraio del 1551 trovasi fatto cenno di un «moletto» in confine al Comune di Corenno1, ma anche di questo non sopravanzano vestigia nè nome.

Alle riparazioni di quei moli dovevano prestarsi tutti i maschi superiori d’età ai quindici anni e per un’intiera giornata, sotto pena di multa. Nei succitati moli era vietato deporre canape, lino, pelli e scorze, nonchè nel fossato del prato di Borgo Vecchio dove ora dicesi a Foppa; in quello del «Castro de Orethia», così chiamato avanti il XIV° secolo l’attuale frazione di Castello; nell’acquedotto, di cui non è memoria, e nel fossato di Corenno.

Speciali ordini erano stabiliti per la macellazione, vendita delle carni e dei pesci.

Le bestie dovevano essere macellate in luogo aperto, onde tutti potessero constatare la qualità e la sanità delle stesse, sotto pena di soldi 20. Dalle feste pasquali alle calende di settembre le carni di vitello, di castrone, di porco dovevano essere vendute a soldi 12 e 13 la libbra, e dalle calende di settembre a tutto dicembre soldi 10 e 11. Le carni di capra e pecora in ogni stagione soldi 8, e dei capretti soldi 14.

Da dicembre alle feste pasquali la trota da mezza libbra in avanti dovevasi vendere da soldi 4 a soldi 10 la libbra;


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