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ficato della parola, quanto perchè i nostri vecchi sentivano in esso quel sigillo spirituale, quell’esperienza di sensi intimi e maturi, che proviene alle lingue dal lungo e diverso uso letterario. Così s’è potuto compiere il miracolo di questa poesia su l’albe, ch’è un poème di scuola simbolista reso perfettamente in friulano: in ischietto efficace friulano, che non stride per nulla al concetto: e se la poesia, in sè, non è un capolavoro, ciò non dipende dall’essere scritta in friulano, ma dall’essere, codesto, genere più d’arte che di passione.

Ma, anche e pur troppo, il friulano, ricco di tali capacità intime, è poverissimo di vocaboli di colto significato: gli italianismi, anche sintattici, vi stridono maledettamente, e la onesta testura della nostra parlata — formatasi solitaria qui, fra i larghi torrenti ghiaiosi dalle paurose piene, quando il Friuli era davvero l’estremo lembo d’Italia, incuneato, lungi dal cuore della nazione, fra il mare e l’alpe tedesca — resta sempre