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36 I. L. CARAGIALE


sato. Accadeva qualche cosa di brutto. Balzò dal letto e accese il lume. Il letto di Leiba non era toccato. Egli non si era coricato affatto. Dov’era? La donna guardò per la finestra: sulla montagna che stava di rimpetto, uno stuolo di lumi piccoli e vivi si muoveva, saltava, ora sparendo, ora riapparendo di nuovo...

La gente usciva dalla chiesa. Sura aprì un po’ la finestra; allora udì dei gemiti soffocati nella direzione del portone. Spaventata, discese subito la scaletta. L’androne era illuminato. Arrivata alla soglia la donna fu colpita da uno spettacolo raccapricciante.

Zibal stava su di una sedia di legno, coi gomiti sui ginocchi e col mento appoggiato sulle mani; come uno scienziato che nella miscela di qualche elemento cerchi di sorprendere un segreto sottile della natura, che da molto tempo gli sfugge, Zibal tiene gli occhi fissi su una cosa pendente, nera e informe, sotto la quale su di un’altra sedia, ad una certa altezza, brucia una torcia.

Zibal guarda, senza batter ciglio, il processo di scomposizione della mano che non gli avrebbe, certamente, risparmiato la vita. Egli non aveva sentito