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NOVELLE ROMENE 103


Mentre tutto ciò mi passava per la memoria ero arrivato. Un gran numero di carri sostavano nel cortile dell’osteria; gli uni portavano assi, in giù; gli altri, granturco, in su. Era una sera gelida d’autunno: i carrettieri si riscaldavano intorno ai fuochi... perciò si vedeva, da lontano, tanta luce. Un servitore mi prese il cavallo, per dargli dell’avena, nella stalla. Entrai nell’osteria; c’era molta gente che chiacchierava mentre due zingari insonnoliti, l’uno col violino, l’altro con la cobza1, strimpellavano una canzone dell’Oltenia2. Avevo fame e freddo — ero vinto dall’umidità.

— Dov’è la signora? Domandai al garzone del banco —

— Al forno.

— Deve far più caldo lì, dissi, e poi attraverso una saletta passai dalla cantina nella cucina.

La cucina era molto pulita... c’era un odore, non come quello della cantina, di cuoiame, di stivali, di sandali bagnati — odore di pane caldo.— La Manjoala sorvegliava il forno.

  1. Specie di chitarra rozza usata dagli zingari.
  2. Parte della Rumania, all’Occidente del fiume Olt.