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come se non dicesse a lei. Il peggio era che la maltrattava anche coi fatti, quasi non fosse stata dello stesso suo sangue, ma una serva.

— Zoppina, fa’ questo... Zoppina, fa’ quello!... Zoppina, vien qua! Zoppina, va’ là. —

Non le dava requie un momento; ed ella intanto se ne stava in panciolle per non sciuparsi le belle manine, o pure allo specchio o alla finestra, quantunque la nonna spesso la sgridasse:

— Chi aspetti lì, a quella finestra?

— Aspetto il Reuccio. —

Nè lo diceva per chiasso. Si era messa in testa che il Reuccio, passando per la strada, dovesse restare incantato dalle bellezze di lei e farla Reginotta. E la mattina, quando il Reuccio andava a caccia, seguito da tanti cavalieri, se lo divorava con gli occhi, e si sporgeva fuori dalla finestra, facendosi quasi sventolare la sua gran chioma d’oro per attirarne gli sguardi. Il Reuccio non le badava, non si voltava; passava trottando, con gran dispetto di lei. Ella però non si dava per vinta.

— Guarderà domani. Se mi guarda, è fatta: sarò Reginotta. —

E sfogava la sua rabbia contro la sorella. Arrivava fino a picchiarla, se le pareva di non